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Momento Espírita
Curitiba, 25 de Abril de 2024
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ícone Sbagliare o quasi far centro?

Nella mattinata di sole, padre e figlia si godono il tempo insieme, su di un campo sportivo.

Lei, dall'alto dei suoi nove anni, mette il padre a fare il portiere e calcia ripetutamente puntando alla meta desiderata.

Manca pratica, manca esperienza, ovviamente, e la maggior parte dei tentativi viene frustrata.

Ogni volta che la palla va fuori si sente dire Fuori, o Hai sbagliato!

Il padre si accorge che lei si sta scoraggiando, perdendo la pazienza con se stessa, emettendo suoni di disappunto, ogni volta che la palla non va nella direzione sperata.

Lui, allora, cambia strategia. Non vuole semplicemente facilitarle le cose, perché sa che non é così che si prepara un figlio per il mondo.

Così, invece di dire hai sbagliato o fuori, in tono frustrato, comincia a gridare: Quasi!

E quel quasi arriva con un tono di eccitazione, di gioia, di quasi lí, di c'é mancato poco!

Incredibilmente, l'umore della bambina si trasforma. Continua a tirare fuori tante volte, sulla traversa, ma con immensa allegria, l'allegria di chi continua a tentare senza scoraggiarsi.

In quel quasi elettrizzante del papà c'era l'elogio per il tentativo, c'era il complimento per la tenacia, per lo sforzo, volendole mostrare che quanto più lei tentasse, più gol sarebbe riuscita a fare.

E fu próprio quello che successe. Lei iniziò a far centro molto più di prima. Ed ogni vecchio sbaglio, divenne un divertente Quasi!, pieno di risate.

*   *   *

Pensiamo alle nostre vite, ai nostri atteggiamenti. La maggior parte delle volte, vogliamo far centro, le nostre intenzioni sono buone e rientrano nella comprensione che abbiamo di questa o quella situazione.

Chiamarli errori, fallimenti, difetti, sembra una crudeltà nei nostri confronti.

Magari se cambiamo il non ci sono riuscito, l'ho sbagliato, il non ha funzionato, in quasi, riusciremo a renderci conto che ci abbiamo provato, che siamo corsi dietro e che dobbiamo concederci delle nuove opportunità.

Le leggi divine ci danno sempre nuove possibilità. Perché non dovremmo darcele anche noi stessi?

Non si tratta di illudersi con parole blande, come qualcuno potrebbe pensare. Si tratta di essere autoesigenti, sì, ma di esserlo nel modo giusto, senza freddi giudizi, senza autoscoraggiamenti o autosvalutazioni.

Il quasi del gioco fra padre e figlia corrisponderà al dire o sentire: Questa volta non ci sono riuscito. Ci sono andato vicino e adesso so come farlo meglio. Oppure: Non ci sono ancora.

Quando qualcuno fallisce, in una qualsiasi attività, questo non rappresenta leggerezza nello sforzo o mancanza di una volontà ben guidata, bensì la trasformazione in un elemento di esperienza per i tentativi futuri.

Ogni tentativo che non va a buon fine, si trasforma in un messaggio di conquista di valori che potrà essere utilizzato in una nuova occasione, portando al successo in un altro momento.

La volontà, proprio per questo, non si arrende quando muoiono i risultati, e ripete l'esperienza quante volte sia necessario fino a raggiungere gli interessi che ha in mente.

Con un obiettivo interiore tracciato, forze complesse si presentano immediatamente in modo che possa essere conquistato.

Ripetendo il tentativo, si crea l'abitudine all'agire che, di conseguenza, diventa un elemento vitale per la volontà.

Senza una volontà ben guidata, non esiste vita sana.

Redazione del Momento Spirita, con frasi dal cap.2. item Vontade,
dal libro Triunfo pessoal, attraverso lo Spirito Joanna de Ângelis,
 psicografia di Divaldo Pereira Franco, ed.  LEAL.
Traduzione di Fabio Consoli
Il 13.10.2021.

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