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Momento Espírita
Curitiba, 29 de Abril de 2024
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ícone A chi dirò della mia tristezza...

Quando venne l'alba, vidi il cielo grigio. Non so dire se fosse davvero il cielo, a preannunciare la pioggia, o se fosse la mia anima con gli occhiali scuri.

Non sentii il canto degli uccelli. E non so dire se loro fossero davvero rimasti senza voce ??o se le mie orecchie si fossero chiuse a qualsiasi suono che potesse destarle.

Aprii la finestra, ma le porte del mio cuore continuarono chiuse. Veneziane serrate, niente che potesse far entrare alcun raggio di luce.

Un immenso palco di tristezza. Da qualche tempo, ormai, lei aveva iniziato ad aggirarsi intorno alla mia casa interiore.

Subdola, battè al portone e la feci entrare. Pensavo che sarebbe andata via presto, dopo una breve visita. Grave errore.

Lei decise di restare. E si accomodò.

Lo fece perché le offrii cuscini di velluto per appoggiarsi sul carissimo divano dei miei sentimenti.

Fin dalle prime ore del suo arrivo, la trattai come un'ospite illustre. Le servii tutto il meglio che avevo tenuto dentro di me.

Dal calice dell'emozione, sorseggiò l'elisir del mio fascino per la vita. Bevve tutto, finché non rimase quasi più niente.

In una coppa di cristallo, si deliziò con i frutti maturi e dolci della mia allegria. Si servì perfino della crema dei sorrisi, mischiata alle risate spontanee dei giorni vissuti.

E la lasciai restare. Alla fine, cominciai ad alimentarla con le spezie amare della mia afflizione, la chimica dei dolori, delle sconfitte, tutto servito sui piatti di porcellana dell'anima, una volta felice.

E fu così che volli che qualcuno sapesse della presenza di questa ospite, che era diventata scomoda, indesiderata.

Volevo che qualcuno mi desse la formula per liberarmene.

Cercai gli amici, i conoscenti e parlai con loro di lei.

Si stupirono che io, così coraggioso e sempre di buon umore, potessi manifestarmi così.

Non compresero la mia supplica, né il dolore che sembrava soffocarmi dentro.

Lasciai che lacrime spontanee scendessero dai miei occhi come una cascata.

Sentii il mio cuore stringersi, ricordando tanti abbracci di felicità dei tempi passati. Ora più che mai avevo bisogno di compassione, di calore umano.

Pensai a quanti, nella stessa situazione, avrebbero risolto che nient'altro valesse la pena e avrebbero rinunciato alla vita.

Ma io, io non volli arrendermi. Non lascerò mai la vita, finché non sarà determinato dalla Legge Divina.

Ne usufruirò fino al mio ultimo respiro.

Guardai verso l'Alto, come alla ricerca della Divinità che mi sembrava di aver espulso dalla mia anima. E chiesi: Aiutami.

Mi ricordai del Galileo che si presentò come il Buon Pastore, Colui che custodisce le Sue pecore.

Colui che cerca la pecorella smarrita, anche se questa si trova tra le spine della colpa, della mancanza d'amore o della disperazione.

Pregai, dicendo parole che non ricordo nemmeno. Semplicemente uscivano dal mio cuore attraverso la mia bocca.

E allora il cielo si tinse di colori, la sinfonia degli uccelli riempì l'aria. Aprii occhi e orecchie, tolsi le tende che coprivano il mio cuore.

Era questo quello di cui avevo bisogno: cambiare il piano mentale. Unire la mia anima al Superiore. Immergermi nella luce.

Aprii le braccia. Abbracciai la vita e la mia voce cantò:

Buongiorno, vita! Eccomi qui per un altro giorno benedetto di esperienze.

Redazione del Momento Spirita
Traduzione di Fabio Consoli
Il 11.11.2022.

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