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Momento Espírita
Curitiba, 05 de Maio de 2024
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ícone Una bambola d’amore

Durante la traversata di quaranta giorni dell'Oceano Atlantico, sulle navi negriere, le nostre madri africane avevano il cuore afflitto.

Per confortare i loro piccoli, durante quei terribili viaggi, strappavano pezzi delle loro gonne e creavano piccole bambole, fatte di trecce o nodi.

Le bambole, simbolo di resistenza, divennero note come Abayomi, che significa incontro prezioso, per il popolo Yoruba, uno dei più grandi gruppi etnici del Continente Africano, la cui popolazione abita parti della Nigeria, del Benin, del Togo e della Costa d'Avorio.

Quelle madri si affliggevano anche, di fronte alla crudeltà con cui venivano trascinate sulle barche, alla possibilità di essere sottratte ai loro figli, una volta arrivate nelle terre straniere in cui venivano portate.

Anticipando il dolore di quella separazione, davano le Abayomi ai figli. Attraverso di esse, questi ultimi potevano parlare alle loro madri, in modo simbolico. Dopotutto, erano i brandelli dei loro indumenti che tenevano tra le mani.

Nel caso in cui crescessero lontano da loro e, un giorno, forse, potessero incontrarsi di nuovo, avrebbero potuto riconoscersi attraverso i tessuti usati.

Trasferendo il loro amore a quel simbolo, quelle madri esprimevano il proprio dolore. Ma anche la speranza che restava racchiusa in quegli stracci.

Nessuno poteva sapere se i bambini avrebbero potuto custodire le bambole, o se magari avrebbero dialogato con loro, in assenza delle loro madri.

Ma, in quel gesto regnava la speranza, che contribuiva ad alleviare il cuore materno.

Esercitavano, così, il distacco emozionale, che tessevano con tristezza, ma anche con bellezza e poesia.

*   *   *

Nel ricordare le attitudini di quelle donne, ripensiamo a quanti di noi hanno bisogno di prepararsi al distacco emozionale.

Ricordiamo la madre di un illustre baiano, accomiatandosi da lui, che dalla sua piccola città natale si stava dirigendo verso la capitale di Bahia: Mio figlio non mi appartiene, è nato per il mondo.

Sì, i nostri figli, come diceva il poeta libanese, Vengono attraverso di noi, ma non ci appartengono.

Cosa diverrà, in futuro, il bambino che oggi piange tra le nostre braccia?

Non riusciamo neanche ad immaginare che potremmo star cullando il musicista che affascinerà le folle, il medico che salverà vite, lo scienziato che si dedicherà a una ricerca esaustiva a beneficio dell'Umanità, un Premio Nobel.

Solo Dio è a conoscenza del suo progetto di vita, firmato prima della nascita, dal notaio della Spiritualità.

Il distacco emozionale è ciò che dobbiamo esercitare fin dal momento del concepimento.

Facciamo piani per dar loro il meglio, con amore e devozione.

Ma verrà il giorno in cui lasceranno la nostra casa, per formare la loro propria famiglia, per intraprendere voli più arditi nei campi dell'arte, della scienza, del sapere.

Andranno in cerca, magari, di nuove frontiere, di altri paesi per stabilire il loro nido e il loro rifugio.

Come le madri africane, tessiamo un'Abayomi d'amore, della nostra essenza, invisibile, e affidiamola ai loro cuori.

Noi li lasceremo andare, liberi di perseguire i loro obiettivi.

Ma, cuore a cuore resteremo connessi, sentendo il pulsare in pausa o accelerato l'uno dell'altro.

Separati. Ma anche connessi, ci parleremo nelle notti di luna o nei giorni invernali.

Redazione del Momento Spirita
Traduzione di Fabio Consoli
Il 3.4.2023.

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